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Jung , inconscio collettivo e Psicogenealogia

La psiche umana inconscia, secondo C. G. Jung, non è costituita esclusivamente da una dimensione personale, “individuale”, ma anche da un inconscio “collettivo”. L’inconscio individuale consta di contenuti che un tempo sono stati consci e che poi sono scomparsi dalla coscienza in quanto dimenticati o rimossi. Esso poggia su di uno strato più profondo, definito “collettivo”, che non deriva da esperienze personali, ma che, al contrario, è innato. I contenuti dell’inconscio collettivo, a differenza di quelli appartenenti all'inconscio individuale, non sono mai stati coscienti e devono la loro esistenza all’ereditarietà psichica. Jung, riscontrando che le allucinazioni dei malati sembrano richiamare uno sfondo collettivo di simboli, teorizza che esista un inconscio, appunto, collettivo, formato da due componenti: gli istinti e gli archetipi. Per istinti s' intendono gli impulsi che realizzano le azioni secondo le necessità: essi determinano quindi i nostri comportamenti, sono ereditari e rappresentano le forze motrici necessarie a raggiungere i diversi scopi. Gli archetipi, invece, sono forme innate di intuizione; il loro numero è limitato perché corrisponde (e si collega) alle esperienze che l'essere umano ha vissuto fin dai tempi più remoti, e in ogni i luogo del pianeta. I motivi archetipici, infatti, sono identici in tutte le civiltà. Istinti e archetipi sono dunque “collettivi” in quanto legati ad un fattore universale ereditario. A differenza di quanto accada nell’inconscio personale (ove i contenuti provengono dalla storia di vita dell’individuo), nell’inconscio collettivo i temi riprendono i modi di reagire tipici dell’umanità, fin dai suoi inizi, e in diverse situazioni caratteristiche dell'esperienza umana: la paura, il pericolo , le condotte di fronte all’odio e all’amore, la figura del padre e della madre, ecc. Jung afferma a tal proposito: “.....l’inconscio collettivo è la poderosa massa ereditaria spirituale dello sviluppo umano che rinasce in ogni struttura cerebrale individuale”. Riprendendo questo concetto, A. A. Schutzenberger, nel libro “La sindrome degli antenati” (pag.19, Di Renzo editore), sostiene : “.....è l’inconscio collettivo che ci influenza, secondo Jung; inconscio che si trasmette di generazione in generazione, nella società e che accomuna le esperienze umane…”. Inoltre, l'inconscio collettivo è uno dei presupposti e degli assunti fondamentali della Psicogenealogia. Esso infatti include anche una dimensione “familiare” (inconscio collettivo familiare), costituita dai vissuti familiari delle generazioni precedenti. Se non vengono opportunamente elaborati, tali vissuti restano nella sfera dell'inconsapevolezza come “cadeau”, e verranno trasmessi, identici, di generazione in generazione, finché qualcuno dei discendenti non avrà acquisito gli strumenti per potercisi confrontare. Pertanto, la salute degli alberi genealogici (e dei membri che li compongono) non può prescindere, sul piano visibile, dall'elaborazione dei suddetti contenuti. Diversamente, sarebbe come se tali eventi mentali venissero spostati nei diversi sistemi inconsci (individuale, collettivo, ecc.) senza però essere stati prima adeguatamente trasformati

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